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La crescita delle rinnovabili è strettamente legata allo sviluppo di sistemi di accumulo sempre più efficienti, meglio se a impatto zero. Edifici, aziende e industrie necessitano di sistemi di storage a basso costo, con capacità maggiori di quelle offerte dalle classiche batterie al litio.

Ora, due nuove tecnologie a base di sabbia e mattoni promettono di conquistare il panorama internazionale. Approfondiamo insieme.

Un letto di sabbia per l’industria

Iniziamo con una proposta tutta italiana, quella della start up italiana Magaldi Green.

Un nuovo sistema di accumulo per fonti rinnovabili, a impatto zero, capace di conservare energia per settimane con bassissimi margini di dispersione. Al netto della sua efficienza, la vera curiosità è legata alla tecnologia impiegata: solidissima, sebbene basata su un letto di… sabbia. Capiamo di più.

L’impianto acquisisce l’energia prodotta in eccesso, la conserva per settimane con perdite molto limitate e la rilascia in un periodo che va tra le 4 e le 10 ore.

Alla base di questo processo di immagazzinamento, e di altri analoghi, c’è un letto di sabbia silicea ad alta diffusività termica. Il sistema, che può raggiungere temperature di 1.000 gradi celsius, accumula energia sotto forma di calore, nell’ordine di Gwh. L’elevata efficienza termica della sabbia, materiale stabile, abbondante e al 100% naturale, garantisce tempi di risposta rapidi e un impatto ambientale praticamente nullo. 

La tecnologia è ormai prossima alla diffusione su larga scala: il primo modulo industriale, in fase di ultimazione, è già attenzionato dalle più grandi aziende energetiche internazionali. Non è un caso: i sistemi di stoccaggio termico, come quello della Magaldi, trovano ampio riscontro in ambito industriale, dove la gran parte della domanda energetica è destinata proprio alla produzione di calore e vapore.

Il sistema di accumulo gravitazionale 

Spostiamoci oltralpe, dove la svizzera Energy Vault propone un sistema di stoccaggio basato sul principio dell’accumulo gravitazionale. L’idea alla base è semplice: sollevare e riportare a terra pesanti mattoni, convertendo l’energia elettrica in energia cinetica potenziale (e viceversa). Un principio non dissimile da quello che alimenta le classiche centrali idroelettriche.

Nelle ore di bassa domanda, l’energia in esubero prodotta dagli impianti rinnovabili è convogliata a una gru di 120 metri capace di sollevare e impilare, grazie a 6 bracci meccanici, enormi blocchi da 35 tonnellate l’uno. Il rilascio controllato degli stessi permette di convertire l’energia cinetica di discesa in elettricità. Per rendere il meccanismo il più efficiente possibile, la startup ha messo a punto degli algoritmi che calibrano e controllano i cicli di carico e scarico.

Il sistema ha un’efficienza dell’80- 85% , con una vita tecnica che può superare i 35 anni. Una nota di merito va ai materiali impiegati per i mattoni: terra, sabbia, residui della combustione del carbone. Blocchi a basso costo, prodotti attraverso una catena di approvvigionamento localizzata che massimizza la creazione di posti di lavoro. 

La tecnologia EVx, introdotta nell’aprile dello scorso anno, è già realtà negli Stati Uniti. Dovremo attendere invece il 2022 per vedere le prime applicazioni a livello globale.