L’esperienza italiana con l’energia nucleare inizia negli anni ‘50 per concludersi con il referendum nazionale del 1987. Oggi, a più di trent’anni di distanza, il dibattito sul nucleare è ripartito con quella che potrebbe essere una nuova svolta.
Ma come funziona l’energia nucleare? Quali sono le tesi a suo favore? Quali invece quelle a sfavore?
Vediamolo insieme.
Il nucleare in Italia
Quello del nucleare in Italia è stato ed è ancora un grande argomento di discussione.
Il programma italiano di energia nucleare nasce negli anni ‘50, in risposta al crescente fabbisogno energetico del Paese. Tra il 1963 e il 1990, sono diverse le centrali nucleari attive: Latina, Sessa Aurunca (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli) e Caorso (Piacenza).
È con l’incidente di Three Mile Island (Harrisburgh, Usa 1979) e – soprattutto – con il disastro di Chernobyl (Unione Sovietica, 1986) che l’opinione pubblica sul nucleare cambia radicalmente. In un referendum nazionale del 1987, gli italiani si esprimono contro un ulteriore sviluppo nucleare del Paese. Di conseguenza, le centrali nucleari esistenti vengono gradualmente eliminate e la costruzione di nuove viene invece vietata. Tra il 1988 e il 1990, viene definitivamente messo un punto all’esperienza nucleare italiana, con la chiusura delle tre centrali ancora funzionanti di Latina, Trino e Caorso – l’impianto di Sessa Aurunca era già stato spento nel 1982 a seguito di valutazioni sull’antieconomicità delle riparazioni che era necessario effettuare.
Oggi, a più di trent’anni di distanza, il dibattito sul nucleare è ripartito. Qualcosa si è mosso negli ultimi mesi: è stata presentata e approvata alla Camera una mozione che impegna il Governo ad “accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia” e “valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”.
Attualmente il mix energetico nazionale comprende per lo più gas naturale, carbone e rinnovabili: un settore, quest’ultimo, in cui l’Italia negli ultimi anni ha investito e compiuto progressi, in linea con gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico. Mentre le attuali politiche energetiche privilegiano le rinnovabili, negli ultimi mesi sono riemerse, però, le discussioni sull’energia nucleare, evidenziando la necessità di una strategia energetica nazionale globale che tenga conto di vari fattori, tra cui la sicurezza, l’impatto ambientale, l’indipendenza energetica e l’opinione pubblica.
Ma come funziona l’energia nucleare? Quali sono le tesi a favore del nucleare? Quali invece quelle a sfavore?
Come funziona l’energia nucleare
Si tratta di energia che si libera dall’unione o dalla divisione di nuclei atomici. Dalla divisione di atomi pesanti si ha liberazione di energia attraverso la fissione nucleare: si parte di solito da un atomo pesante come l’uranio, che quando viene diviso libera energia. Tale energia viene poi convertita in nuove forme di energia, come quella termica o elettrica, per poter essere utilizzata dall’uomo.
Dall’unione di due atomi leggeri invece, come il deuterio o il trizio, si ha la fusione nucleare. Tale processo fisico genera energia, neutroni ed elio.
L’uso della fissione nucleare per ricavare energia risale alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Da allora sono diventate più di 180 le centrali nucleari attive in Europa che sfruttano la fissione per la produzione di energia elettrica. Quanto alla fusione nucleare, siamo ancora alla fase sperimentale: si parla del 2050 come data di arrivo.
Pro e contro
In un panorama energetico in cui si cerca sempre più di ridurre al minimo la produzione di rifiuti, forse il principale elemento a sostegno del nucleare è la sua capacità di produrre energia senza rilasciare anidride carbonica o altri gas serra. Si tratta di ciò che più lo distingue dagli altri combustibili fossili, come il carbone o il gas naturale, e lo rende una valida opzione per combattere il cambiamento climatico e ridurre l’inquinamento atmosferico, pur non trattandosi di energia rinnovabile.
Le centrali nucleari, inoltre, possono funzionare ininterrottamente per lunghi periodi (tra i 18 e i 24 mesi), garantendo un flusso di energia pressoché continuo. Ciò permette di avere una fornitura di energia stabile e affidabile, essenziale per soddisfare la richiesta dei Paesi. Non solo. L’elevata densità dell’energia nucleare fa sì che una piccola quantità di combustibile possa generare una quantità significativa di energia: 1 kg di uranio, infatti, fornisce la stessa energia di 60 tonnellate di gas naturale, 80 di petrolio o 120 di carbone. Ciò consente alle centrali nucleari di produrre velocemente grossi quantitativi di elettricità, rendendole una fonte di energia affidabile ed efficiente.
Da ultimo, il nucleare può rappresentare la strada per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e raggiungere l’indipendenza energetica. I paesi capaci di produrre una significativa capacità di energia nucleare e di affidarsi alle risorse nazionai, possono ridurre la loro vulnerabilità alle fluttuazioni internazionali dei prezzi del carburante e alle tensioni geopolitiche.
Uno dei principali svantaggi del nucleare, invece, è la generazione di scorie radioattive. I sottoprodotti delle reazioni nucleari, infatti, possono rimanere radioattivi anche per migliaia di anni, richiedendo stoccaggio e smaltimento sicuri. La gestione a lungo termine delle scorie nucleari, dunque, pone sfide importanti in termini di sicurezza, costi e accettazione da parte dell’opinione pubblica.
La ferita di Chernobyl, poi, è ancora aperta e il rischio incidenti rimane una preoccupazione. Se è vero che al momento sono pochi gli incidenti nucleari avvenuti, è vero anche che un eventuale aumento su scala globale delle centrali nucleari potrebbe statisticamente aumentare la probabilità di incidenti.
L’energia nucleare, inoltre, dipende da un combustibile, l’uranio, non rinnovabile. Mentre le riserve esistenti sono ad oggi sufficienti per vari decenni, la dipendenza da risorse finite solleva preoccupazioni circa la sostenibilità a lungo termine dell’energia nucleare. Con il passare degli anni, infatti, le riserve di uranio tenderanno ad esaurirsi, facendo aumentare il prezzo della risorsa e gli eventuali impatti ambientali legati alla sua estrazione.
Per finire, sono da considerare le tempistiche per la costruzione di una nuova centrale nucleare (7 anni in media). Questo rende il nucleare una soluzione potenzialmente valida nel medio-lungo periodo, ma non adatta a risolvere una crisi energetica in arrivo o già in corso.
Conclusioni
Sono quindi diversi e contrastanti i pareri riguardo il nucleare. In definitiva, il futuro dell’energia nucleare in Italia dipenderà da quali tra questi prevarrà, nonché dal panorama energetico che si andrà a delineare, a livello sia nazionale che internazionale.