Oggi parliamo dei biomattoni, realizzati a partire da una miscela di acqua, sabbia e batteri Synechococcus. La caratteristica più strana? Sono in grado di autoriprodursi.
Cosa sono i biomattoni?
I biomattoni sono realizzati con una miscela di sabbia, acqua e cianobatteri estremamente resistenti, i Synechococcus. Nel processo di fotosintesi, questi microbi producono una precipitazione di carbonato di calcio, sostanza grigia e dura di cui si compongono le conchiglie e alcuni tipi di roccia.
Come vengono prodotti?
I batteri sono stati “coltivati” in un bagno di acqua marina artificiale e gelatina. La loro proliferazione ha lentamente depositato grandi quantità di carbonato di calcio nella gelatina, trasformata, a fine processo, in un materiale mineralizzato con una resistenza alla compressione del 15% superiore alle condizioni di partenza.
Mattoni infiniti
A differenza di altri materiali per la bioedilizia (come i pannelli isolanti in micelio), i biomattoni possono restare “vivi”. Al loro interno, infatti, in presenza di nutrimento e delle giuste condizioni di umidità, i batteri continuano a moltiplicarsi.
Dividendo il mattone in due e ponendo una metà in un nuovo stampo, è possibile ottenere 2 mattoni identici. Secondo i ricercatori, dal mattone genitore è possibile ottenere fino a 8 mattoni nell’arco di tre (rapidissime) generazioni. Poiché la riproduzione dei batteri segue criteri di progressione geometrica e non lineare, sarà possibile, in futuro, avere un approccio produttivo esponenziale. Se in una normale fabbrica di mattoni, ad esempio, ogni giorno si producono dieci unità, in una fabbrica di biomattoni, si producono 10 unità il primo giorno, 100 il secondo, 10000 il terzo.
Potenzialità del nuovo materiale
Come abbiamo avuto modo di scoprire nell’articolo dedicato ai mattoni di Co2, il processo produttivo del cemento è tra i più inquinanti. La produzione di calcestruzzo rappresenta il 7% delle emissioni di carbonio in tutto il mondo. L’industria edile nel suo complesso, è invece responsabile del 40% delle emissioni globali. Alla luce di questi dati, qualsiasi tecnologia capace di abbattere la carbon footprint del settore non può che essere vista con grande favore. In questo, i biomattoni sono insuperabili: durante la produzione, i cianobatteri assorbono anidride carbonica, rendendo la produzione a impatto zero, se non addirittura virtuosa.
I biomattoni potrebbero essere utilissimi per edificare in aree con scarse risorse, come i deserti o le colonie su altri pianeti. In un prossimo futuro, potremo sviluppare biomattoni di batteri specifici, in grado di auto-rigenerare il materiale o segnalare, cambiando colore, la presenza di eventuali tossine.
Ci sono anche aspetti negativi da tenere in considerazione. Il più importante riguarda le condizioni ambientali: non è ancora chiaro, ad esempio, quanto le variazioni di umidità nell’aria possano incidere sulle caratteristiche tecniche del materiale. Fino ad oggi, tutte le sperimentazioni sono state effettuate in ambiente controllato, con un’umidità fissa del 50%.
I biomattoni, infine, non raggiungono ancora le prestazioni dei comuni mattoni. Il loro comportamento ad oggi è più simile a quello della malta indurita. Ma siamo solo agli inizi: la ricerca dei prossimi anni verterà nell’individuazione di nuovi materiali leganti, capaci di aumentare la resistenza meccanica del composto.