Avete mai sentito parlare di “plantoidi”? Si tratta di automi capaci di simulare il sistema di propagazione delle radici e la crescita dei rami. Piante-robot che ci aiuteranno a studiare il sottosuolo, prevenire danni all’ambiente e sondare senza rischi aree altrimenti inaccessibili.
La robotica bioispirata
Le piante vascolari, ovvero dotate di radici, fusto e foglie, sono comparse sul pianeta Terra 400 milioni di anni prima dell’Homo Sapiens. Hanno avuto tempo di sviluppare strategie di adattamento estremamente efficaci e complesse, con capacità di rinascita sorprendenti. Rappresentano, per certi versi, un perfetto modello di resilienza da cui trarre ispirazione.
Non è un caso che la robotica stia concentrando le proprie ricerche proprio sul mondo vegetale: le piante, con la loro capacità di adattarsi all’ambiente circostante, hanno fornito la giusta ispirazione per la creazione dei primi plantoidi. I più interessanti, che esamineremo in questo articolo, nascono con scopi nobili: l’esplorazione ambientale e l’intervento in caso di emergenza.
Una pianta robot per sondare il terreno
La prima pianta robot mai creata nasce nel 2012, sulla base di un progetto tutto italiano.
Si tratta di una sonda capace di rilevare acqua, nutrienti o sostanze inquinanti nel terreno.
La sua particolarità è quella di muoversi nel sottosuolo imitando il modello di crescita delle radici, con l’obiettivo di ridurre al minimo pressione e attrito del terreno durante gli spostamenti.
Questa sonda, programmata per intercettare elementi chimici nel terreno e comunicare i propri risultati ai ricercatori, sarà in grado, in un prossimo futuro, di bonificare in autonomia le aree inquinate.
Allo studio ci sono nuovi plantoidi che, sfruttando lo stesso meccanismo di propagazione radicale, possono fissare il terreno disboscato, rendendolo meno soggetto a frane.
La domanda sorge spontanea: come fanno questi robot a crescere simulando il naturale sviluppo di una pianta?
Grazie alla miniaturizzazione di una stampante 3D, nascosta nella testa del robot. Qui un piccolo motore estrude il filamento termoplastico appena prodotto, che si deposita alle estremità delle “radici” simulando una crescita artificiale. Il materiale impiegato è una bioplastica derivante dal mais, non inquinante. Il prossimo passo sarà quello di sviluppare un materiale ancora più sostenibile, 100% compostabile.
Esploratori rampicanti
Altrettanto affascinante è GrowBot, capace di imitare le piante rampicanti. Grazie alla sua struttura filiforme questo plantoide riesce ad aggrapparsi alle pareti e non cadere, con risultati ottimali anche in condizioni estreme o assenza di visibilità. Il meccanismo di spostamento alla base del GrowBot potrebbe dare vita ad applicativi estremamente interessanti, come robot di primo soccorso in grado di muoversi agilmente tra le macerie alla ricerca di superstiti.
Biomimesi per volare senza motore
Seguendo i principi di biomimesi, l’i-seed simula la struttura dei semi dell’avena o dell’acero riccio, capaci di volare sospinti dal vento e penetrare con altrettanta facilità nel terreno.
I microrobot che imitano questi semi possono essere rilasciati da droni, raggiungere luoghi impervi e misurare le condizioni del terreno, rilevando umidità, concentrazione di anidride carbonica o presenza di metalli pesanti. Privi di batteria o componenti elettriche, si degradano senza inquinare a missione ultimata.